Tutto si può dire meno che le regole europee non contemplino ampi margini di flessibilità e nella lettera di risposta alla Commissione Ue il ministro Gualtieri rivendica puntigliosamente il diritto di usarli tutti. Per il 2020 siamo quasi a 13 miliardi, mezza manovra. I conti di Gualtieri sono i seguenti: il deficit strutturale previsto per il 2020 peggiora di 0,1% del Pil, mentre dovrebbe migliorare di almeno 0,5%. Il deficit obiettivo 2020 dista quindi almeno di 0,6% di Pil dalla regola. Gualtieri fa quindi appello alle regole sulla flessibilità che dovrebbero consentire di sommare due componenti. Una prima componente è rappresentata da uno 0,2% per “unusual events”, ossia per gli investimenti, pubblici e privati, volti a mettere in sicurezza le nostre strade e i nostri ponti e a mitigare il rischio sismico e quello idrogeologico. La seconda componente, di 0,5%, è una sorta di errore standard che non si nega a nessuno in considerazione dei possibili margini di incertezza sull’insieme dei calcoli che sottostanno alle regole. I conti di Bruxelles sono un po’ meno favorevoli all’Italia: secondo la Commissione, dovremmo migliorare il deficit strutturale di almeno 0,6% perché, in base ai calcoli europei sull’output gap, l’Italia sarebbe in “normal times”, non in “bad times”, come invece sostiene Gualtieri. Se si applica dunque il criterio della Commissione, la deviazione è di 0,7%, ossia 13 miliardi. Nelle circostanze attuali, questo è il numero limite oltre il quale la deviazione viene definita “significativa” e dunque scatta l’allarme rosso, come avvenne l’anno scorso quando dal balcone di Palazzo Chigi fu annunciato il famoso obiettivo di 2,4%. Quest’anno ci stiamo ancora dentro, anche se per un soffio.
I paesi del Nord si lamentano e sostengono che in questi anni all’Italia è stata concessa troppa flessibilità per motivi politici. Non hanno tutti i torti: ogni anno arriviamo a un soffio dalla procedura d’infrazione, la Commissione abbozza e il debito pubblico non scende mai. È comunque evidente che nei prossimi mesi, se si aprirà un negoziato, le regole potranno essere cambiate in meglio, nel senso che potranno essere semplificate e rese meno procicliche, come chiedono in molti. Ma di certo, anche alla luce di ciò che è avvenuto con l’Italia, non verranno rese più accomodanti di come sono adesso.