“Via l’Imu, ma la Service tax è anche sugli immobili” Giampaolo Galli su Europa – 30/08/2013

Il governo Letta non morirà sull’Imu. Questa è la buona notizia, perché il Paese non può permettersi una crisi di governo. Le incognite rimangono, ma questa era la principale, per via delle promesse elettorali sconsiderate del Pdl e, in misura maggiore o minore, di tutti gli altri partiti.

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Galli (Pd): “Meglio un commissario della nazionalizzazione” FIRSTonline – 29/01/2013

First on Line

29.01.2013

Galli (Pd): “Meglio un commissario della nazionalizzazione”

Secondo il candidato Pd alla Camera nel collegio Lombardia1 bisogna pensare al commissariamento di Mps: i vantaggi sarebbero maggiori di una nazionalizzazione all’americana che rischia di trasformarsi in permanente – “Tocca in primo luogo alla Banca d’Italia accertare se esistono i presupposti per imporre un commissario a Mps”

Giampaolo Galli

Non sono contrario in linea di principio al modello americano del salvataggio di una grande banca attraverso temporanea nazionalizzazione, ma in Italia c’è sempre il rischio che quel che è temporaneo diventi permanente. Nel caso del Mps, come ha osservato su FIRSTonline anche il professor Gustavo Visentini, credo perciò che sia più facilmente percorribile la via del commissariamento.

Naturalmente tocca in primo luogo alla Banca d’Italia accertare se esistono i presupposti per far scattare il commissariamento del Monte e a chi attribuire l’incarico. Ma, se esistono le condizioni, i vantaggi del commissariamento sarebbero molteplici: si sospenderebbero in larga parte i diritti degli azionisti, si darebbero pieni poteri al commissario, si favorirebbe la massima trasparenza sulle reali condizioni della banca e si spianerebbe la strada, qualora si ritenesse necessaria, a un’azione di responsabilità verso la vecchia gestione della banca. Infine – e non è cosa da poco – si creerebbero i presupposti per far recuperare a Mps almeno una parte dei fondi andati perduti in operazioni a dir poco spericolate.

Fonte: FIRSTonline

Galli: “Solo così si può rilanciare l’occupazione”. La Stampa – 19/01/2013

LA STAMPA

19.01.2013

“Nel Breve periodo l’unica via è far ripartire le opere pubbliche”

Galli: “Solo così si può rilanciare l’occupazione”.

Intervista a Giampaolo Galli di Stefano Lepri

La recessione si allunga, il lavoro manca. Che ha da consigliare un ex direttore generale della Confindustria che si candida nel Partito democratico?

«Nel breve periodo l’unica cosa che possiamo fare – risponde Giampaolo Galli – è rilanciare gli investimenti in opere pubbliche, anche piccole, sfruttando i margini che si possono trovare senza turbare gli equilibri della finanza pubblica. Guardando oltre, direi che la madre di tutte le riforme è quella dell’amministrazione pubblica: anche, appunto, sotto il profilo dell’efficienza economica del Paese. Dobbiamo rifare uno Stato che ha procedure di funzionamento anomale, purtroppo uniche in Europa. Questo non è soltanto un costo grave per le aziende e per tutti i cittadini. E’ un freno all’innovazione e allo sviluppo. Pensiamo a una impresa che vuole spingersi in un settore di attività diverso, oppure a una nuova impresa o a un investitore estero: hanno difficoltà enormi a districarsi fra norme e apparati burocratici che non conoscono. E’ un limite alla mobilità fra settori e alla concorrenza forse più grave di quelli su cui indaga l’Autorità Antitrust».

Da vent’anni tutti i governi ci promettono la semplificazione burocratica. Finora di effetti ne abbiamo visti pochi.

«Dal punto di vista normativo è stato fatto moltissimo, ma i risultati sono modesti. Restano le sabbie mobili di tempi di decisione troppo lunghi e responsabilità imprecise. Prendiamo degli esperti di altri Paesi, come la Gran Bretagna o la Germania, portiamoli qui e vediamo che cosa ci suggeriscono. Ad esempio: da loro come si fa quando una impresa vuole ampliare un capannone? Bisogna rivedere tutto il funzionamento delle amministrazioni, passo per passo; in alcuni casi occorreranno grandi sforzi di immaginazione per costruire soluzioni del tutto diverse da quelle attuali».

Questo programma avrebbe potuto portarla anche nella lista Monti. Come mai ha scelto il Pd?

«Trovo nel Partito democratico, oltre a un solido ancoraggio europeo che è essenziale, una elevata corrispondenza tra le cose che si dicono e le cose che si fanno, e tra le cose che si dicono e quelle che sono vere. Chi guiderà l’Italia dovrà prendere decisioni difficili, che avranno successo solo se saranno percepite come eque: occorre un partito con un forte radicamento. E poi naturalmente apprezzo che Pierluigi Bersani si proponga di governare con uno schieramento ampio, aprendo al centro».

Al sodo, la principale differenza tra Bersani e Monti riguarda il lavoro. Si può ridare competitività all’Italia senza erodere i salari?

«Quando parliamo di un costo del lavoro per unità di prodotto che è salito del 30% rispetto alla Germania da quando c’è l’euro, dobbiamo sapere che questo dato sintetizza tutte le inefficienze del sistema-Paese, comprese quelle del settore pubblico. La componente della produttività che dipende dall’organizzazione del lavoro può essere affrontata solo a livello aziendale, come è stato fatto in Germania negli anni Duemila in un clima cooperativo tra imprese e sindacati; e secondo me si può farlo sulla strada segnata dall’accordo che la Confindustria firmò con tutti i sindacati, Cgil compresa, il 28 giugno 2011. Lì ci sono due principi di fondo: si può meglio cooperare se ci si conta – cioè se si misura quanto pesano i diversi sindacati – e se i diritti e i doveri sono uguali per tutti. Ovvero, nessun sindacato deve essere escluso, si decide a maggioranza, ma poi tutti devono rispettare le decisioni della maggioranza».

Galli: “Accuse generiche che non aiutano a ragionare” Il Messaggero – 18/01/2013

Il Messaggero

18.01.2013

Galli: “Accuse generiche che non aiutano a ragionare”

Intervista a Gian Paolo Galli di Barbara Corrao

«Mi pare normale che l’opinione pubblica si interroghi sul destino di 5.500 persone, e di altrettanti lavoratori dell’indotto. Succede in tutti i Paesi del mondo quando si verifica un evento così importante come la sospensione dell’attività produttiva in uno dei più importanti gruppi industriali nazionali».

Giampaolo Galli, economista ed ex direttore generale di Confindustria arruolato da Pierluigi Bersani nelle liste del Pd, rispedisce al mittente, cioè a Sergio Marchionne, le accuse di dichiarazioni oscene.

«Politici osceni» è l’accusa del numero uno del Lingotto. Si ritrova nell’identíkit? 

«È un’affermazione forte e non credo che aiuti a ragionare. Si tratta di una generalizzazione poco comprensibile: non tutti i politici hanno parlato e chi lo ha fatto ha manifestato opinioni di segno diverso. Di sicuro, non mi pare un’accusa che possa essere rivolta ai vertici del Pd».

Forse è rivolta a Mario Monti che ha assicurato di verificare «con grande attenzione» la richiesta di cassa integrazione su Melfi? 

«Sinceramente penso che la dichiarazione del premier Monti sia moderata ed equilibrata e che in nessun modo possa meritare una replica così pesante. D’altra parte, la crisi riguarda tantissime aziende e i fondi a disposizione sono limitati per problemi di bilancio pubblico: dobbiamo essere certi che vengano utilizzati al meglio e per tutte le categorie di imprese in difficoltà, dalle piccole alle medie o alle grandi dimensioni».

Il governo Monti non è riuscito o non ha potuto accogliere tutte le richieste delle imprese, a cominciare dalla riduzione del cuneo fiscale. Quali priorità ha messo nella sua agenda? 

«C’è ancora molto da semplificare nelle procedure amministrative e molto da fare nella ricerca e innovazione, l’accesso al credito, l’internazionalizzazione e soprattutto nei pagamenti della pubblica amministrazione».

E il fisco? 

«Nel fisco la priorità è la riduzione del cuneo, cioè la differenza tra il costo del lavoro per l’impresa e la busta paga percepita dal lavoratore. Dato che abbiamo anche altre riduzioni fiscali utili o necessarie, come per esempio quella dell’Imu sulla prima casa per le persone in difficoltà, la prima cosa da fare sarà verificare lo stato del bilancio pubblico appena avremo i dati del consuntivo 2012. E poi vedere di mettere in fila le priorità. Bisognerà considerare anche le spese necessarie come quelle per gli ammortizzatori in deroga».

A proposito, è d’accordo con Bersani che teme di trovare «polvere sotto il tappeto»? 

«Certamente. Credo ci sia un concreto rischio che il bilancio sia un po’ peggiore dell’obiettivo già nel 2012 e che nel 2013 non raggiunga, a politiche invariate, il pareggio strutturale di bilancio che invece si vorrebbe».

Galli: “La crescita intelligente è la nostra sfida” – L’Unità – 11/01/2013

L’Unità

11.01.2013

La crescita intelligente è la nostra sfida

Intervento Giampaolo Galli

Con l’intervento di Jean-Claude Juncker, l’Europa, attraverso uno dei suoi esponenti più autorevoli, ha messo il lavoro al centro dell’agenda politica. Non si tratta di una novità assoluta, ma l’enfasi, maggiore del solito, è sicuramente benvenuta ed è giustificata da due circostanze. La prima è che la disoccupazione continua a salire econtinua a s sta ormai raggiungendo livelli preoccupanti. Nell’eurozona i senza lavoro sono l’11,8% delle forze di lavoro, che corrisponde a quasi diciannove milioni di persone. Nei Paesi più colpiti dalla crisi finanziaria, la situazione è gravissima. Grecia e Spagna stanno al 26%, il Portogallo al 16%, l’Irlanda al 14,6%. L’Italia con l’11,1% sta un po’ meglio della media, ma occorre tenere conto che sulla media pesano molto le situazioni assolutamente patologiche di pochi Paesi. In realtà quasi tutti i Paesi dell’Eurozona hanno tassi di disoccupazione più bassi del nostro. La seconda circostanza, che consente di guardare con più attenzione al tema del lavoro, è che la crisi finanziaria preoccupa un po’ meno di qualche mese fa. È forse prematuro dire che sia superata, i rischi sono sempre in agguato, ma certo oggi ben pochi si chiedono ciò che tutti si chiedevano con angoscia fino a poco tempo fa: se l’Euro fosse destinato a sopravvivere. Oggi pensiamo che l’euro sia destinato a durare e ciò grazie al ripensamento che ha avuto luogo in Germania – ad esempio riguardo al salvataggio, tardivo, della Grecia o alla supervisione bancaria comune – e alle scelte che della Bce. Tali cambiamenti non sarebbero stati possibili senza le politiche che sono state attuate nei Paesi in crisi, in primis in Italia. Vale la pena di ripeterlo all’inizio di una campagna elettorale in cui sembrano prevalere gli slogan dell’ultima ora e qualcuno sembra dimenticarsi le ragioni che hanno portato, non un secolo fa ma tredici mesi fa, al varo del governo Monti. Senza il governo Monti e la sua capacità di dialogare con la Germania e con l’Europa, oggi ci preoccuperemmo di come salvare l’Italia e i risparmi degli italiani. Il lavoro mancherebbe lo stesso, perché lo spread prosciuga il credito bancario per imprese e famiglie, ma, in Italia e in Europa, non avremmo la possibilità di discuterne seriamente. La strategia da tempo proposta dalla Commissione Europea, detta «Europa 2020», rimane un punto di riferimento per le politiche a sostegno della competitività delle imprese e dell’occupazione. Nelle sue linee di fondo tale strategia si propone di produrre una crescita che sia «intelligente», ossia basata su un forte investimento in istruzione, ricerca e innovazione; «sostenibile», grazie ad una graduale riconversione verso un’economia a basso contenuto di carbonio; «inclusiva», ossia capace di contrastare emarginazione e povertà. In breve un’Europa più competitiva, ma anche più giusta, più innovativa e rispettosa dell’ambiente. Tutti questi aspetti si tengono. Il punto chiave è che non si riescono a fare le politiche per la competitività delle imprese, se esse non sono percepite dalle persone come parte di una strategia volta a risolvere con equità i problemi di tutti. In Italia abbiamo problemi aggiuntivi o peculiari, almeno nell’intensità, rispetto alla generalità degli altri Paesi europei, che hanno fatto sì che da vari lustri da noi ci sia il più basso tasso di crescita in Europa e uno dei più bassi al mondo. I problemi sono stati dunque aggravati dalla crisi, ma preesistono a essa. Abbiamo poca ricerca, nel pubblico e nel privato, anche se non mancano aree di eccellenza, abbiamo una pressione fiscale fra le più alte, abbiamo una burocrazia inefficiente, spesso a causa di norme confuse, che scoraggia gli investimenti e la voglia di fare impresa. Abbiamo un tasso di infedeltà fiscale che ha pochi eguali in Europa, il che è inaccettabile anche dal punto di vista strettamente economico perché chi evade sottrae risorse preziose alla collettività e distorce il mercato con una concorrenza sleale che frustra gli sforzi di innovazione degli imprenditori migliori. Corruzione e criminalità sono fenomeni diffusi: anch’essi producono gravissime distorsioni del mercato e della concorrenza e portano a un’allocazione delle risorse inefficiente. Dell’insieme di questi problemi, complessi e radicati nella nostra storia, ci dobbiamo occupare se vogliamo seriamente affrontare il problema della bassa crescita e della mancanza di lavoro.

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