La politica discute della riforma fiscale come se si trattasse di un argomento all’ordine del giorno. Ma in realtà non lo è, dal momento che la legge delega è una scatola, non vuota ma molto generica, ci vorranno parecchi mesi per approvarla e il governo avrà poi fino a 18 mesi per approvare i decreti delegati. Quindi, più o meno, ci vorranno due anni per completare l’iter legislativo e si andrà dunque alla prossima legislatura. A meno che il governo non ritenga di presentare alcuni decreti in anticipo non solo rispetto ai 18 mesi, ma anche rispetto all’approvazione della delega. Tutto dipende da quante risorse intende utilizzare. Nella conferenza stampa a Palazzo Chigi il ministro Franco ha parlato di 2 miliardi per il 2022 e 1 miliardo per gli anni successivi; ha poi fatto cenno ai 4,3 miliardi che nella Nadef sono stati censiti come riduzione permanente dell’evasione. Ma non ha detto quanto di questi intenda utilizzare per la manovra di quest’anno, rinviando la valutazione alla legge di bilancio.
L’impressione è che gli spazi siano limitatissimi, tant’è che nella bozza della delega che è circolata si afferma che “Dall’attuazione della delega … non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”. Si tratta di un’affermazione impropria, dal momento che il successivo comma stanzia i 2 miliardi già ricordati, ma che la dice lunga sulle intenzioni del governo. E, a scanso di equivoci, il concetto dell’assenza di oneri, al di là di quelli reperibili tramite il contrasto all’evasione, è ribadito anche nell’articolo sull’Irpef, in cui si prospetta una graduale riduzione delle aliquote, nonché una revisione delle spese fiscali. I principi della delega sono molto generici e tutti facilmente condivisibili.
La questione più spinosa, quella della revisione del catasto, è stata di fatto neutralizzata dicendo che si calcoleranno le vere rendite di mercato, ma solo fra 5 anni e senza che i nuovi calcoli abbiano effetto sulle imposte, le quali continueranno ad esser calcolate con il sistema attuale. Si tratta di un escamotage davvero sorprendente, ma che non è bastato a ammansire Salvini.
L’unica questione su cui ci potrebbero essere davvero opinioni diverse è implicita nell’affermazione che tutti i redditi da capitale (quindi, finanza, impresa e immobili) devono essere soggetti alla stessa imposta proporzionale, in modo da evitare distorsioni e – aggiunge la relazione illustrativa – eliminare ostacoli alla crescita dimensionale delle imprese. Sembra il de profundis della flat tax per le microimprese. Finalmente – si potrebbe dire –, ma è davvero presto per affermare se e quando questo concetto sacrosanto diventerà realtà. Nella delega molte parole sono dedicate alla semplificazione e al contrasto all’evasione. Tutto giusto, ma per ora nulla di concreto.