Intervento in Aula sulle mozioni di spending review – 28 settembre 2016

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Giampaolo Galli, che illustrerà anche la mozione Marchi, Tancredi, Librandi, Tabacci, Di Gioia ed altri n. 1–01369 (Vedi All. A) di cui è cofirmatario.

GIAMPAOLO GALLI. Grazie, Presidente. Parto dalla fine: mi fa piacere e fa piacere a tutto il nostro gruppo parlamentare che l’attività di revisione della spesa sia considerata da tutti essenziale per diversi fini: per liberare risorse per la crescita – alcuni dicono attraverso la riduzione delle tasse, altri privilegiano gli investimenti –, per attuare provvedimenti per le fasce più disagiate della popolazione, infine ovviamente per ridurre il debito pubblico.
Noi troviamo utile che ci sia un maggiore coinvolgimento del Parlamento e delle Commissioni competenti nel processo di revisione della spesa, quindi accogliamo questa idea nella nostra mozione, ricordiamo però che non è affatto vero – questo lo contestiamo assolutamente – che le decisioni che sono state prese fino adesso siano state prese senza il coinvolgimento del Parlamento. Questo non vuol dire che non si possa avere un maggiore coinvolgimento, ma tutte le azioni di revisione della spesa sono state attuate con atti normativi, ovviamente approvati dal Parlamento. E nel DEF di quest’anno c’è una sezione dedicata alla revisione della spesa, dove ci sono tutti gli atti normativi che hanno portato alla riduzione al 2016 per 25 miliardi di euro, a fronte dei quali ovviamente ci sono stati anche degli aumenti di spesa, perché il problema è anche riqualificare la spesa – a favore per esempio della scuola, della sicurezza, del welfare e della povertà; perché in alcuni casi si tratta di tagliare, in altri casi invece si tratta di fare delle scelte anche espansive e di sostegno delle fasce più deboli, o di sostegno della crescita.
Abbiamo sentito anche in questa discussione due posizioni: c’è chi ritiene che sia stato fatto troppo in termini di riduzione della spesa – l’abbiamo sentito da Sinistra Italiana – e c’è chi ritiene che sia stato fatto troppo poco. Mi limito a pochi numeri: dal 2013 al 2016 la spesa corrente si è ridotta diell’1,4 per cento del PIL, dal 47,4% al 46%, e questo naturalmente è stato fatto in una situazione in cui il disavanzo pubblico è sceso dal 3% al 2,6% e poi circa al 2,4% o al 2,3% quest’anno, e la pressione fiscale, calcolata opportunamente tenendo conto degli 80 euro, è scesa dal 43,6% del 2013 al 42,7% del 2015 e dovrebbe attestarsi al 42,2% nel 2016.
Nell’ultimo documento di economia e finanza ci sono i dati comparativi dell’Italia rispetto all’Europa e si parte dal 2009 fino al 2015, quindi si prendono in considerazione molti diversi Governi. L’Italia è uno dei Paesi più virtuosi dal punto di vista della spesa. La vulgata secondo cui l’Italia non avrebbe fatto nulla, la vulgata secondo cui si succedono dei commissari e non succede mai niente è sbagliata. Se si considera in particolare la spesa primaria al netto delle prestazioni sociali che seguono la dinamica della demografia, l’Italia ha avuto un incremento zero della spesa in termini nominali. Tutti gli altri Paesi hanno avuto incrementi molto maggiori, la Germania oltre il 20%. Ovviamente per avere queste dinamiche della spesa che sono necessarie per ridurre il disavanzo e sono necessarie per poter ridurre le tasse e per fare spazio per gli investimenti è necessario intervenire, come è stato fatto, su due variabili fondamentali: i redditi da lavoro dipendente e i consumi intermedi, ossia gli acquisti. Se non si fa questo si devono aumentare le tasse – tertium non datur – né è vero che, a proposito di questo Governo, siano stati fatti tagli lineari: sono stati fatti sempre tagli differenziati, molto spesso molto differenziati all’interno delle diverse amministrazioni e anche dei diversi ministeri.
Voglio solo notare, a proposito degli interventi che ho sentito fino adesso, che nella mozione, nell’intervento del MoVimento 5 Stelle si dà molta importanza alla spending review e si fa riferimento ai vari commissari che avrebbero voluto fare di più, si dice soprattutto che il risanamento della finanza pubblica non è più procrastinabile. Accolgo questo con molta soddisfazione, anche alla luce del fatto che nei giorni scorsi sono circolate notizie diverse a proposito delle posizioni del MoVimento 5 Stelle, per esempio quella secondo cui tutte le esigenze possono essere soddisfatte stampando moneta.
Se volete essere credibili, se il MoVimento 5 Stelle, onorevole Cariello, vuole essere credibile parlando di revisione della spesa, deve mettere nel cassetto, deve buttare via posizioni che sono assolutamente incompatibili con questo. Ovviamente, buttate via quelle posizioni secondo le quali basterebbe stampare moneta, non rimane che la via lunga, difficile e faticosa, su cui questo Parlamento è già stato coinvolto – e verrà coinvolto di più, noi crediamo – per individuare sprechi, duplicazioni e funzioni inutili dello Stato e delle amministrazioni pubbliche.

La riforma nasce dall’inefficienza delle istituzioni – Il Sole 24 Ore, 28 settembre 2016

Per molti dei più autorevoli giuristi del fronte del No la riforma Renzi-Boschi sarebbe un tassello dell’aggressione intentata dalla finanza internazionale non solo ai diritti dei lavoratori, ma addirittura ai diritti universali dell’uomo. Gustavo Zagrebelsky, ad esempio, in un recente pamphlet scrive che sarebbe in corso nientemeno che “un ribaltamento della democrazia parlamentare in uno strano regime tecnocratico- oligarchico”, all’interno del quale verrebbe meno l’attenzione ai diritti dei lavoratori, “ormai sottoposti e condizionati alle esigenze delle imprese”, perché vivremmo nel tempo “dello sviluppo per lo sviluppo, dell’innovazione per l’innovazione, della competitività che non ammette deroghe, della spremitura degli esseri umani, dei diritti dei più deboli e delle risorse naturali…”.

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Sostenere la crescita senza dimenticare il debito – Il Sole 24 Ore, 20 settembre 2016

Sul Sole 24 Ore del 18 settembre, Luca Ricolfi ci propone un ragionamento, o forse un paradosso, che coglie bene le difficoltà logiche, oltre che politiche, all’interno delle quali si muove l’azione del governo.

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Varoufakis sull’Euro. Uscire sarebbe un disastro. Da un’intervista del 3-02-2016 a “Rifondazione Comunista”

Sul sito www.rifondazione.it  si trova un’intervista di Yanis Varoufakis che tocca fra gli altri il tema dell’uscita dall’euro.  L’intervista, del 3 febbraio 2016, definisce l’uscita dall’euro come un disastro non solo per la Grecia, ma per tutta l’Europa e anche per l’intera economia mondiale.  Il punto interessante è che questa valutazione viene da un personaggio che, come noto, non ha nessuna simpatia per l’euro e che nella sua esperienza come ministro delle finanze  è arrivato ad un passo dal dover gestire l’uscita del suo paese dalla moneta unica. Riportiamo di seguito la parte dell’intervista relativa all’euro.

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La lezione di Ciampi: Europa, riforme, niente populismo. FIRSTonline, 16 settembre 2016 di Giampaolo Galli

Giampaolo Galli, che fu un suo stretto collaboratore in Banca d’Italia, racconta chi fu veramente Carlo Azeglio Ciampi: sognava un’Europa diversa come molla per modernizzare l’Italia e seppe sempre dare una grande lezione di tempra e di stile

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