Collective Action Clauses and Sovereign Debt Restructuring Frameworks: Why and When is Restructuring Appropriate, di Giampaolo Galli

This paper discusses some of the legal aspects of Collective Action Clauses (CACs) in the context of the Eurozone and then approaches the broader economic issue of why it may be useful to have more efficient CACs, such as single-limb CACs, and when and in what circumstances it may be appropriate to restructure sovereign debts. Whatever Eurozone authorities will do with ESM rules and CACs, it is crucial not to repeat the mistake that was done in 2010 in Deauville. When markets learnt about PSI, contagion effects were significant and markets were destabilized in several Eurozone countries.

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Keywords: sovereign debt, restructuring, default, Italy, Collective Action Clauses, Deauville

JEL Classification: H63, K12,K22

Galli, Giampaolo, Collective Action Clauses and Sovereign Debt Restructuring Frameworks: Why and When is Restructuring Appropriate (April 25, 2019). EUROPEAN FINANCIAL INFRASTRUCTURE IN THE FACE OF NEW CHALLENGES, ed. by Franklin A., Carletti E., Gulati M. and Zettelmeyer J.. Available at SSRN: https://ssrn.com/abstract=

Salvini non venda illusioni: i populisti del Nord e dell’Est sui bilanci pubblici sono più duri dell’attuale Commissione, di Giampaolo Galli, Inpiù, 7 maggio 2019

Qualche giorno fa lo ha detto chiaro e tondo in un’intervista a Repubblica Jörg Meuthen, leader di AFD, il partito dell’ultradestra tedesca alleato di Salvini alle elezioni europee: “Il rispetto delle regole di Maastricht è fondamentale”. Lo ha ripetuto, in un’intervista alla Stampa, con toni ancora più duri, il cancelliere austriaco Sebastian Kurz, espressione della destra sovranista di quel paese: “l’irresponsabilità di bilancio dell’Italia mette a rischio l’Europa”.

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Ristrutturare il debito farebbe danni immensi, di Giampaolo Galli e Lorenzo Codogno, il Sole24Ore, 30 aprile 2019

La parola «ristrutturazione» riferita ai debiti sovrani è stata espunta dalle dichiarazioni del summit sulla riforma dell’Eurozona che si è tenuto nel dicembre scorso. Ne sono rimaste però alcune tracce: l’affermazione che l’assistenza finanziaria dell’Esm (il Fondo salva Stati europeo) viene erogata solo ai Paesi i cui debiti sono giudicati sostenibili – il che significa che se non lo sono, i debiti devono essere ristrutturati – e l’impegno a introdurre dal 2022 in tutte le emissioni di titoli pubblici nuove clausole contrattuali (dette single limb collective action clauses), il cui scopo è di facilitare la ristrutturazione dei debiti.

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Il monito FMI sul debito: con le tendenze attuali arriveremmo al 139% del Pil in un quinquiennio, di Giampaolo Galli, Inpiù, 26 aprile 2019

Stranamente, è passato quasi inosservato in Italia l’ultimo “Fiscal Monitor” del Fondo Monetario Internazionale. I media hanno ripreso l’usuale monito all’Italia, ma non hanno colto che per la prima volta il Rapporto contiene una proiezione in cui il debito pubblico non scende rispetto al Pil e nemmeno si stabilizza, ma continua a crescere per tutto l’orizzonte della previsione, fino al 139% nel 2024. La ragione principale è che il Fmi non crede che l’Italia abbia intenzione di effettuare il necessario aggiustamento dei conti pubblici. L’avanzo primario si avvicinerebbe rapidamente allo zero e il deficit salirebbe al 3,4% già l’anno prossimo e rimarrebbe in prossimità del 4% fino al 2024. Ovviamente, nessuno crede che nella prossima legge di bilancio il governo farà scattare le clausole IVA né che la spending review sarà in grado di reperire più di una frazione minuscola degli oltre 20 miliardi necessari. Quindi le misure espansive che sono state decise quest’anno, cui si aggiungono quelle annunciate per l’anno prossimo, finiranno per essere finanziate in deficit. E non c’è motivo di pensare che le coperture che non sono state trovate adesso verranno trovate negli anni prossimi, a meno di rivolgimenti politici del tutto imprevedibili. Sulla valutazione del Fondo, come di chiunque analizzi l’Italia, pesano le dichiarazioni di tanti esponenti politici di primo piano secondo cui il “governo del cambiamento” avrebbe il compito mettere fine ad una austerità, che, nella realtà, dopo la stretta del 2011-2012, non è mai esistita.

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Oltre il realismo del Def, rischi se il deficit sfiora il 3%, di Lorenzo Codogno e Giampaolo Galli, il Sole24Ore, 11 aprile 2019

Il DEF rappresenta un utile esercizio di realismo, dopo le molte promesse e illusioni delle settimane e dei mesi scorsi. Il tasso di crescita del Pil scende nel 2019 dall’1 per cento della previsione precedente allo 0,2 per cento. La conseguenza, pressoché inevitabile, è l’aumento del deficit, dal 2 per cento del pil al 2,4 per cento. Il rapporto fra debito e pil, che nel 2019 avrebbe dovuto scendere, sale dal 132,2 per cento del 2018 al 132,8. Nel 2020 le cose andrebbero un po’ meglio perché vi sarebbe una ripresa del Pil allo 0,8% e una riduzione del deficit (al 2,1%) e del debito (al 131,7%).

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