I documenti della Commissione Europea sono assolutamente drastici. Entro il 2050 l’Unione dovrà raggiungere l’obiettivo di emissioni zero di gas serra e, a questo fine, entro l’estate prossima,la Commissione proporrà di rendere molto più stringenti gli obiettivi già fissati per il 2030. Per finanziare la transizione la Commissione propone un piano di investimenti da oltre 1.000 miliardi di euro nei prossimi 10 anni e un meccanismo per compensare i paesi a più alta intensità di carbonio (Just TransitionMechanism) per un ammontare di 143 miliardi di euro. Questi investimenti, assieme alla rivoluzione digitale, saranno il motore di una crescita sostenibile e, addirittura, “scollegata dall’utilizzo delle risorse naturali”. Ma da dove vengono tutti questi soldi e saranno essi davvero in grado di consentire di raggiungere i due obiettivi che ci si propongono e cioè abbattere le emissioni di gas serra e dare impulso alla crescita economica? Per rispondere a queste domande, va detto innanzitutto che questi soldi non vengono da un aumento del bilancio dell’Unione, che rimarrà attorno all’1 del Pil europeo, né dall’emissione di debito europeo. Né è prevista una riduzione della spesa corrente dell’Unione o degli Stati membri per far spazio ai nuovi investimenti. Anche le riserve messe a bilancio a fronte delle garanzie per il programma investEU (la nuova versione del piano Juncker) rimangono quelle che erano state proposte dalla precedente Commissione (15,2 miliardi nel settennio 2021-2027). Ne consegue che i grandi investimenti che si propongono non saranno aggiuntivi, ma sostituiranno altre tipologie di investimenti. La questione diventa dunque se i nuovi investimenti saranno più produttivi di quelli che si sarebbero fatti altrimenti. La risposta non è ovvia ed è facile pensare a controesempi: se invece di finanziare una linea ferroviaria ad alta velocità, si finanziassero gli acquisti di pannelli solari – in buona parte made in China – l’effetto sulla crescita europea sarebbe certamente negativo. Per rispondere all’altra domanda (si riuscirà a realizzare la transizione ambientale) occorre attendere che le dichiarazioni di intenti si trasformino in decisioni.
Leggi tutto “DOMANDE SUL GREEN DEAL DELLA COMMISSIONE UE, di Giampaolo Galli, Iinpiù, 17 gennaio 2020”Cottarelli, De Nicola, Galli, Decrescita del Pil, 5 febbraio
L’imposta di successione: pro e contro, di Edoardo Frattola e Giampaolo Galli, Ocpi, 5 febbraio
L’Imposta sulle successioni e sulle donazioni (ISD) italiana è caratterizzata da aliquote molto basse e franchigie elevate. Anche per questo, il gettito dell’imposta è modesto (820 milioni nel 2018) e significativamente inferiore a quello degli altri principali paesi europei. Esistono argomentazioni a favore e contro un suo rafforzamento: da un lato l’imposta può essere uno strumento di equità sociale ed è meno distorsiva delle imposte sui redditi, dall’altro è difficile evitare che essa finisca per colpire soprattutto le proprietà immobiliari del ceto medio. L’esempio degli altri paesi europei a noi più simili suggerisce però che aumentare il gettito derivante da questo tipo di imposta è possibile. Leggi tutto “L’imposta di successione: pro e contro, di Edoardo Frattola e Giampaolo Galli, Ocpi, 5 febbraio”
I MOLTI PROBLEMI DELLA WEB TAX ITALIANA, di Giampaolo Galli, Inpiù, 4 febbraio 2020.
Sottoporre a equa tassazione le imprese multinazionali, in particolare quelle che operano nel mondo dei bit, è necessario, ma è tremendamente difficile in assenza di un accordo internazionale. Lo dimostra una volta di più la tassa del 3% sui fatturati di queste imprese che è entrata in vigore all’inizio di quest’anno, sulla scorta del precedente francese, e che ha già indotto Trump ad annunciare ritorsioni commerciali contro i prodotti italiani e francesi. Un primo problema della webtax italiana è che, per come è formulata, colpisce anche i nostri grandi editori perché anch’essi, come Google e Facebook, vendono pubblicità on line, ad esempio sui siti dei grandi giornali e delle TV, e perché fanno parte di gruppi che superano la soglia di fatturato mondiale stabilito dalla norma (750 milioni). Si tratta di uno straordinario paradosso se si pensa che gli editori sono stati i principali fautori della tassa, un paradosso che ha però una spiegazione: esso nasce dal fatto che ormai quasi tutte le imprese, anche quelle old economy, si stanno digitalizzando e stanno dunque diventando in parte imprese new economy. Il problema dovrebbe essere risolvibile modificando la definizione, già incredibilmente barocca per via delle molte esclusioni, dei soggetti passivi o dell’imponibile, ma con tutta probabilità richiede che si torni in Parlamento dove è quasi certo che emergeranno altri problemi simili a questo.
Leggi tutto “I MOLTI PROBLEMI DELLA WEB TAX ITALIANA, di Giampaolo Galli, Inpiù, 4 febbraio 2020.”Due anni fra i conti pubblici, a cura di Carlo Cottarelli e Giampaolo Galli
In occasione dei due anni dell’Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, abbiamo realizzato questo volume, edito da Feltrinelli e finanziato da Allianz S.p.A., che raccoglie alcuni dei nostri lavori più significativi. L’obiettivo dell’Osservatorio non è solo quello di condurre analisi rigorose sugli andamenti della finanza pubblica italiana, ma anche quello di divulgare le informazioni sui conti pubblici del nostro Paese rivolgendosi a un pubblico più vasto che non sia solo quello degli “addetti ai lavori”. Il testo del volume è suddiviso in capitoli che trattano di alcuni temi di cruciale importanza per la finanza pubblica: dal rischio di insostenibilità del debito pubblico alle politiche di bilancio adottate da alcuni Paesi come il Portogallo e l’Argentina; dallo spinoso problema delle tasse e dell’evasione fiscale a quello della spesa pubblica e dell’inefficienza della nostra pubblica amministrazione.
Buona lettura,
Carlo Cottarelli e Giampaolo Galli