In Italia, tanto per cambiare, “l’Europa che non c’è” è diventata il nuovo capro espiatorio. Non si capisce bene chi sia il bersaglio della polemica. Il dato di fatto è che i governi non hanno mai voluto cedere, o meglio condividere, sovranità in materia sanitaria e oggi non sono nemmeno particolarmente interessati ad avere qualcuno che cerchi di coordinarne l’azione; sarebbe un problema in più, oltre ai già tanti che derivano dalla necessità di mettere d’accordo le forze politiche e i diversi livelli di governo all’interno di ogni nazione. Per gli antieuropei – o antieuro – di sempre, questo stato di cose non è sorprendente e dimostra una volta di più che l’Europa non sta nella testa e nei cuori dei popoli.
Ma coloro che si dichiarano europeisti con chi se la prendono? Stanno dicendo che i governi non accettano di coordinarsi? Se è così bisogna che se la prendano con i governi o con alcuni di essi. O se la prendono con la Commissione di Ursula Von der Leyen? Stanno dicendo che la Commissione non ha visione e non sa farsi valere? Forse è così, ma la cosa strana è che l’oggetto della critica non è quasi mai la Commissione, come non lo è il Parlamento Europeo. L’oggetto della critica è l’Europa, intesa come entità astratta. Ma se è così hanno ragione gli anti europeisti per partito preso.
Inoltre non è chiaro cosa si chieda all’Europa di fare, oltre a ciò che già fa l’Ema e al coordinamento che avviene nelle riunioni dei ministri della sanità. Quest’ultimo sta peraltro dando luogo a risposte non troppo disomogenee fra paesi europei. Nessuno ha detto che il virus non è un problema serio, nessuno, neanche all’inizio dell’epidemia, ha detto che era un problema solo italiano, nessuno ha criticato le drastiche misure prese dal nostro governo, nessuno – pur dopo qualche tentennamento – ha deciso di sospendere Schengen, nessuno sembra opporsi alla richiesta dell’Italia di poter usufruire di margini di flessibilità aggiuntiva nel bilancio 2020.
Vero è che i poteri uno se li prende proprio nelle situazioni di emergenza, ma è anche vero che gran parte del potere decisionale dell’Ue sta nel Consiglio, il quale è composto da governi nazionali che non hanno molta voglia di amputarsi le mani da soli. Si può chiedere che l’Europa estenda le proprie competenze in materia sanitaria, quantomeno quando vi sono rischi sistemici? La risposta è certamente sì – è un’ottima idea -, ma ciò richiede di convincere governi e parlamenti nazionali a cedere le relative competenze e le necessarie risorse. L’impressione è che i primi a dire di no sarebbero proprio quelli che oggi più di tutti si lagnano dell’Europa che non c’è.