Cambiare o no l’Italicum? Qualche giorno fa uno stimato dirigente di Sinistra Italiana mi ha amichevolmente apostrofato per dirmi che l’Italicum andrebbe cambiato perché potrebbe consegnare il governo dell’Italia al M5S. Se non si riesce a cambiarlo, l’unica difesa sarà il no al referendum costituzionale, che ripristina il Senato con la sua logica proporzionale.
Alla mia obiezione che l’Italia in fondo è sopravvissuta a Berlusconi, la sua risposta è stata quasi scandalizzata: “Questi sono peggio di Berlusconi! In fondo Berlusconi era radicato nell’occidente e nella tradizione della democrazia liberale. Questi fanno finta di credere in una fantomatica democrazia della rete e pretendono non solo di ‘rappresentare’ ma anche di ‘essere’ i cittadini e dunque di avere titolo per occupare le istituzioni”. Ho provato a contro argomentare che le leggi elettorali non si cambiano in base alla convenienza, che non esiste una legge elettorale che possa impedire al popolo di farsi male da solo, e che il rischio che l’Italia sia pessimamente governata dal M5S non sopravanza il rischio che continui ad essere mal da governata da coalizioni rissose e inconcludenti – com’è avvenuto dal dopoguerra sino ad oggi. Invece di prendersela con l’Italicum, sarebbe opportuno che tutti cominciassero a dire ciò che pensano davvero del M5S, mettendo da parte quelle massicce dosi di accondiscendenza e paternalismo che sono stati sin qui dominanti. Se tutti prendessero posizioni chiare sulle strampalate teorie del M5S, forse avremmo qualche chance in più di far prevalere quello spirito repubblicano che in varie occasioni ha salvato la Francia dalle derive populiste.
Il mio interlocutore mi ha guardato strano, come se io non capissi le logiche della politica e della comunicazione, per poi semplicemente dirmi, con grande onestà: “Noi questo non riusciamo a farlo”. Questa frase mi è parsa molto vera, e tale da sollecitare una riflessione non occasionale: per quale motivo non si riesce a unire le forze e far capire quanto sia pernicioso il M5S?
Proviamo ad elencare qualche motivo, senza pretesa di completezza. Una prima ragione è che fa parte della fisiologia della lotta politica che i partiti di opposizione, anche quando non siano essi stessi preda di pulsioni populiste, sparino contro chi è al governo oggi, senza preoccuparsi di chi potrebbe essere al governo domani. Non è dunque una novità propria di questa fase politica.
Una seconda ragione riguarda il ruolo dei media, che comprensibilmente preferiscono concentrare le loro attenzioni critiche sugli attuali governanti, perché una stampa libera ha una funzione essenziale di bilanciamento del potere e perché dal governo, e non certo da una forza di opposizione, i cittadini si aspettano la soluzione dei loro problemi.
Una terza ragione riguarda gli intellettuali, che trovano banale criticare il M5S e trovano più interessante capirne le ragioni e le legittimazioni. Anche questa è una spiegazione comprensibile: attaccare il M5S è come dire che il fuoco scotta. Più interessante è cercare di capire come sia possibile che da una società colta e molto più ricca di quella ereditata dalle macerie della guerra possa essere nato un movimento tanto sgangherato; un movimento secondo cui – citiamo – “le vaccinazioni obbligatorie di massa sono un regalo alle multinazionali farmaceutiche”, un movimento che si scaglia contro i regali alle banche quando c’è da fare un bail-out e che chiede soldi pubblici quando c’è da fare un bail-in, un movimento che non conosce il vincolo di bilancio e illude la gente che le risorse siano illimitate. Un movimento che, attraverso le esternazioni di alcuni dei suoi principali esponenti, per contrastare il terrorismo, propone di fare l’alleanza con Putin contro i diktat di Obama e Merkel! Soprattutto, un movimento che fa dell’arroganza, della propalazione di informazioni scientificamente infondate e della character assassination, nei confronti di singoli individui e di intere collettività, la sua cifra distintiva. Capire come possa avere successo un fenomeno siffatto è un esercizio intellettuale molto più attraente che criticarlo.
Un quarto motivo, infine, attiene alle tensioni interne ai partiti dell’attuale maggioranza, derivanti dal fatto che spesso il M5S usa contro di essi gli stessi argomenti – ad esempio in materia di giustizia, intercettazioni, prescrizione, conflitto d’interesse, corruzione ecc. – che essi stessi hanno usato, in misura talvolta eccessiva, contro Berlusconi e Forza Italia.
Forse tutto ciò è comprensibile e forse è inevitabile. Ma questo silenzio della critica rischiamo di pagarlo caro, anche perché se cambiamo l’Italicum e poi facciamo una grande coalizione alla tedesca, l’attacco al cosiddetto establishment da parte del M5S sarà ancora più facile; l’accordo fra centro destra e centro sinistra – con tutti i suoi limiti – sarà di nuovo sotto gli occhi di tutti, come con i governi Monti e Letta. Avremo forse guadagnato un po’ di tempo, ma potremmo anche aver messo le basi per un esito peggiore al giro successivo. Che, salvo miracoli, potrebbe arrivare anche molto presto. Magari sei mesi dopo le prossime elezioni. E cosa faremo allora?