Le quattro doti di Cottarelli; Inpiù, 29 maggio 2018

Conosco Carlo Cottarelli dai primi anni ottanta, quando da giovani economisti del Servizio Studi della Banca d’Italia lavoravamo, sotto la direzione di Ignazio Visco, ad una nuova versione del modello econometrico della Banca d’Italia. Di lui ricordo la pazienza e la determinazione: dovevano stimare la domanda di impieghi bancari da parte delle imprese, una variabile che allora era considerata molto importante per la conduzione della politica monetaria. Fu merito più suo che mio se riuscimmo a costruire una variabile davvero complicatissima che partendo dai bilanci delle imprese ne ricostruiva il fabbisogno finanziario, gran parte del quale veniva soddisfatto, allora e purtroppo anche oggi, dal sistema bancario.

Pazienza e determinazione sono due della quattro parole chiave che gli serviranno per condurre a buon fine l’incarico.

Le altre due sono la modestia e una moderata dose di buon umore. La modestia è necessaria per un uomo che non ha la legittimazione del voto popolare e, a differenza di Monti nel 2011, non è accolto oggi come il salvatore della patria. Inoltre, per come è nato l’incarico, è difficile che qualcuno pensi di farne il Macron italiano. Il buon umore serve per non deprimere troppo gli italiani e anche per apparire rispettoso delle idee altrui, anche quando nel fare le coperture illustri politici scambiano i milioni con i miliardi.

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Anche queste sono caratteristiche che Carlo ha e che in questi mesi ha dimostrato di saper mantenere anche sotto la luce dei riflettori. Lo abbiamo visto anche nel discorso che ha fatto uscendo dal colloquio con il Presidente della Repubblica: il momento era solenne, ma Cottarelli è apparso disinvolto, semplice, diretto e quasi sorridente. Insomma Cottarelli faccia Cottarelli, senza esagerare.

Giampaolo Galli

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