La proposta Biden di un’imposta minima globale. Bene, ma…

di Giampaolo Galli, Inpiù, 20 maggio 2021.

Anche escludendo l’anno orribile del Covid, in cui l’aumento della spesa è stato davvero necessario, la tendenza di lungo periodo è nel senso di un aumento continuo della spesa pubblica; questo è vero in Italia e anche nella maggior parte degli altri paesi avanzati. Dunque rimane importante evitare che si crei quello che negli anni novanta venne definito “il cartello dei ministri delle finanze”. Ma c’è un limite a tutto e questo limite è stato superato.

In passato sono stato un sostenitore della concorrenza fiscale fra Stati. La possibilità per le imprese, e anche per le persone, di “votare con i piedi”, ossia di cambiare giurisdizione, mi sembrava un buon antidoto contro aumenti eccessivi della spesa e dunque della pressione fiscale. In certa misura lo penso ancora. Le pressioni per aumentare la spesa pubblica sono fortissime e sono fatte proprie da tutti i partiti. Anche le forze politiche di destra o centrodestra che si dichiarano nemiche delle tasse in realtà, al governo o in Parlamento, agiscono per aumentare la spesa e dunque le tasse. Anche escludendo l’anno orribile del Covid, in cui l’aumento della spesa è stato davvero necessario, la tendenza di lungo periodo è nel senso di un aumento continuo della spesa pubblica; questo è vero in Italia e anche nella maggior parte degli altri paesi avanzati. Dunque rimane importante evitare che si crei quello che negli anni novanta venne definito “il cartello dei ministri delle finanze”. Ma c’è un limite a tutto e questo limite è stato superato.

Le multinazionali, specie se hanno asset immateriali, sono in grado di giostrarsi fra le legislazioni fiscali dei diversi paesi e di abbattere il loro imponibile fiscale in misura davvero eccessiva. Dunque la proposta Biden di un’imposta minima globale sulle multinazionali va considerata con favore. La Commissione Ue ha già espresso il suo apprezzamento e ha spiegato che non vi è contrasto fra la proposta americana e la comunicazione resa pubblica ieri. Ma non sarà affatto facile trovare un accordo, per mille motivi compreso il fatto che qualche limite andrà posto alla fantasia dei legislatori nazionali in materia di base imponibile. E da qui, non dalle multinazionali, verranno gli ostacoli veri ad un accordo. I parlamenti nazionali, compreso il nostro, si opporranno, un po’ per nobili motivi di principio (la tassazione è il cuore della sovranità) e molto per motivi di bottega: cosa possono promettere i politici in campagna elettorale se tutto – o tanto – è vincolato da un accordo internazionale? Oggi tutti si dicono a favore della proposta americana. Ma, se mai si giungesse ad un accordo, quegli stessi che oggi lamentano l’elusione delle multinazionali protesteranno, dicendo che l’accordo, un po’ come la moneta unica, è il prodotto delle tecnocrazie globaliste e apolidi. Diranno che il popolo è sovrano e dunque l’accordo è illegittimo e può esser violato per fare una tassa un po’ più piatta, come piace a qualcuno, o un po’ più pesante, come piace a qualcun altro. La proposta è positiva, ma non avrà vita facile.

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