In questo referendum, oltre al significato tecnico/normativo, è presente un significato simbolico più ampio, che riguarda gli orientamenti generali della politica energetica dell’Italia. Se vincesse il sì, in Italia diventerebbe ancora più difficile estrarre idrocarburi, in mare, entro e oltre le 12 miglia, e anche in terra, da nuovi o da vecchi giacimenti.
E questo sarebbe un guaio perché la transizione verso un’economia basata sulle rinnovabili non può che essere graduale. Ancora per molti anni avremo bisogno di gas e petrolio. E non è che rendendo più difficile l’estrazione di idrocarburi in mare o in terra si aumenta la produzione di rinnovabili, perché le due cose non sono affatto correlate, non c’è un effetto di sostituzione nella loro produzione. Gli incentivi sulle rinnovabili – che hanno comunque un costo notevole – sono un conto, e la rinuncia alle fonti fossili un altro. Se votiamo per rinunciare a gas e petrolio, in realtà stiamo votando per rinunciare a quelli di produzione interna, ma non agli idrocarburi in generale, perché saremmo costretti a importarli in maggiore quantità. Dunque la vittoria del sì non cambierebbe nulla nel mix di consumo energetico a livello internazionale, che è l’unica cosa che conta dal punto di vista del problema del riscaldamento globale. Per l’Italia invece le cose cambierebbero in peggio perché saremmo più dipendenti da situazioni geopolitiche inquietanti, da paesi che sono teatri di guerre, dittature e terrorismi. Non si tratta di essere autarchici, ma di avere una ragionevole riserva strategica. Con la presidenza Obama gli Stati Uniti hanno conseguito l’autosufficienza attraverso il nucleare e il fracking, cose di cui da noi non si discute neppure. Se si tiene conto delle forti tendenze isolazioniste che si affacciano nella politica statunitense con Trump e Sanders, ciò significa che noi europei ce la dovremo sempre più vedere da soli con Putin e con dittatori, califfi e ras tribali nel Medio Oriente e in Nord Africa. Abbiamo appena approvato una legge per combattere lo spreco di cibo; come possiamo pensare di poterci premettere il colossale spreco di energia che comporterebbe la chiusura di piattaforme ancora in attività? Sarebbe una cosa folle, un suicidio nazionale. Sarebbe il segnale che una parte di questo paese, magari inconsapevolmente, ha voglia di declino economico e di decadenza politica. Quand’anche la legge prevedesse una sanzione per chi si astiene, io farei obiezione di coscienza e non andrei a votare.
Link a il Foglio: Ras e califfi