Consiglio europeo del 27 e 28 giugno: tante aspettative di milioni di europei e la richiesta forte del nostro Paese che questa volta si faccia sul serio. Formazione e servizi per l’impiego, youth guarantee, una grande iniziativa sull’apprendistato, tassazione del lavoro e riduzione della stessa, sono fra i temi di cui si discuterà, anche per merito del Governo italiano.
Risulta necessario accelerare sugli investimenti europei e sui finanziamenti da parte della BEI, mettere in atto misure per contrastare il fenomeno del credit crunch e occorre che la BCE possa acquisire asset-backed securities in favore delle PMI.
In Europa si discute di politiche monetarie più espansive, misure quanto mai necessarie per sostenere la congiuntura. Sull’unione bancaria e il Meccanismo europeo di stabilità sembra di poter dire che un accordo è ancora lontano. Due punti da segnalare: il primo riguarda il limite di 60 miliardi di euro agli interventi di ricapitalizzazione sulle banche; in secondo luogo, appare molto rischioso fissare delle regole per i cosiddetti bail in.
L’obiettivo di isolare le banche dal rischio dei debiti sovrani rimane una questione di assoluta importanza. L’Italia, dopo notevoli sacrifici, esce dalla procedura di infrazione. La prima delle sei raccomandazioni dell’Unione Europea riguarda il limite del 3% del PIL per il disavanzo del 2013: regola da continuare a rispettare a tutti i costi. Malgrado le manovre di risanamento dei conti pubblici, l’Italia rimane un Paese fragile per via dell’alto debito pubblico e lo spread è nuovamente aumentato.
Si farà l’impossibile per evitare l’aumento dell’IVA: rifiutando meri ultimatum, servono proposte e una comune assunzione di responsabilità.
40 miliardi alle imprese: un provvedimento espansivo necessario e urgente, ma perfettibile. La stima del debito ammonta a 90 miliardi e molto ancora c’è da fare per migliorare la contabilità pubblica. Tre i successivi passi a seguito di questo decreto legge: monitorare il flusso dei pagamenti, attuare eventuali provvedimenti correttivi e un prossimo aggiornamento al documento di economia e finanza che riduca la differenza tra gli importi dovuti stimati e quelli effettivamente pagati.
Pagamenti alle imprese: bene, ma è necessario monitorare mese per mese e, se qualcosa non va, intervenire tempestivamente
“L’alto livello a cui è giunto il nostro debito pubblico per via di una vicenda pluridecennale rappresenta una pesante ipoteca sul presente e il futuro della società e, ovviamente, dell’economia italiana. Comprendo l’indignazione dei più giovani, che non hanno colpe, condivido la loro indignazione, capisco che si possa legittimamente parlare di un fallimento delle classi dirigenti che si sono succedute negli ultimi decenni, ma non abbiamo scorciatoie. L’unica via è quella di tenere i conti in ordine, con un consistente avanzo primario anno dopo anno, e di dismettere asset pubblici”.
SEDUTA DEL 21 MARZO 2013
Interrogazione a risposta orale:
GIAMPAOLO GALLI, TARANTO, FASSINA, CAUSI e BARETTA.
— Al Ministro dell’economia e delle finanze.
— Per sapere – premesso che:
la problematica del ritardo dei pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni nelle transazioni commerciali relative a contratti di fornitura di beni e servizi e, soprattutto, dell’ammontare dei debiti pregressi costituisce, specie nella fase attuale, un peso insopportabile per la tenuta finanziaria del sistema produttivo, già sottoposto al credit crunch;
l’importo dei crediti che le imprese vantano nei confronti della pubblica amministrazione è particolarmente elevato: secondo Eurostat (Note on stock of liabilities of trade credits and avances, ottobre 2012) esso ammontava, nel 2011, a oltre 67 miliardi di euro, mentre la Banca d’Italia lo ha stimato pari a circa 70 miliardi di euro;
la questione dei ritardi dei pagamenti è stata affrontata nel corso della precedente legislatura con una serie di interventi normativi finalizzati a dare attuazione alla direttiva 2000/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 giugno 2000 e alla successiva direttiva 2011/7/UE del 16 febbraio 2011, sostitutiva della prima, mentre il problema dello smaltimento dei debiti pregressi è stato affrontato attraverso una pluralità di strumenti;
in particolare, l’articolo 9, comma 3-bis, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, e successive modificazioni, ha introdotto una disciplina specifica che prevede la certificazione, da parte degli enti debitori (enti territoriali, enti del Servizio sanitario nazionale, amministrazioni statali ed enti pubblici nazionali), dei crediti nei confronti dei soggetti interessati anche ai fini della cessione pro-soluto o prosolvendo dei medesimi crediti nei confronti di banche o intermediari finanziari.
Il termine per la certificazione è stato fissato in 30 giorni dalla data di ricezione dell’istanza, scaduto il quale, su nuova istanza del creditore, viene nominato un commissario ad acta con oneri a carico dell’ente debitore;
sebbene il quadro regolamentare risulti ormai completato (alla normativa relativa alla certificazione dei crediti è stata data, infatti, attuazione con i decreti del Ministro dell’economia e delle finanze 22 maggio 2012, come modificato dal decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 24 settembre 2012, concernente la certificazione dei crediti da parte delle amministrazioni dello Stato e degli enti pubblici nazionali, e il decreto ministeriale 25 giugno 2012, relativamente alla certificazione da parte delle regioni, degli enti locali e degli enti del Servizio sanitario nazionale, integrato dal successivo decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 19 ottobre 2012) e il procedimento di certificazione sia disponibile anche su piattaforma elettronica, realizzata dalla Ragioneria Generale dello Stato e gestita da Consip Spa, il processo sembra svolgersi con estrema lentezza: secondo quanto affermato dal Ministro dello sviluppo economico Passera, al febbraio 2013 risultavano rilasciate soltanto 71 certificazioni, per un importo di 3 milioni di euro, mentre le amministrazioni pubbliche abilitate all’utilizzo della piattaforma sono solo 1.227 (di cui oltre 900 comuni del Centro Nord, e con solo 70 sono enti del servizio sanitario) e 289 le imprese;
sono, inoltre, intervenuti alcuni accordi (6 marzo 2012 tra la Cassa depositi e prestiti e l’ABI con cui la prima ha messo a disposizione 2 miliardi di euro destinati alle banche per le operazioni di acquisto dei crediti certificati vantati dalle pubbliche amministrazioni; 22 maggio 2012 tra l’ABI e le Associazioni delle imprese, attraverso il quale l’ABI si impegna a mettere a disposizione delle imprese un ammontare non inferiore a 10 miliardi di euro per lo smobilizzo dei crediti pubblica amministrazione, utilizzando la provvista acquisita dalla Cassa depositi e prestiti, ovvero dalla BCE, ovvero attraverso altri canali di finanziamento) e l’articolo 35 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, che ha reso disponibili 2 miliardi di euro per l’estinzione dei debiti pregressi mediante assegnazione di titoli di Stato, su richiesta dei soggetti creditori;
pertanto, l’ammontare finanziario sinora messo a disposizione delle imprese per lo smobilizzo dei crediti verso la pubblica amministrazione ammonterebbe complessivamente a 14 miliardi, – 2 miliardi dalla Cassa depositi e prestiti Spa, 10 miliardi dall’ABI, 2 miliardi per il pagamento dei crediti con titoli di Stato –, una cifra assolutamente insufficiente rispetto alle citate stime dello stock dei debiti della pubblica amministrazione;
consapevole della gravità e dell’urgenza di affrontare la questione, pena la sopravvivenza stessa del tessuto produttivo, il Partito democratico ha inserito questo tema tra gli otto punti del programma di Governo che sono stati sottoposti all’attenzione di tutte le forze politiche;
nelle conclusioni del Consiglio europeo del 14 e 15 marzo, sono state individuate, tra le priorità, « un risanamento di bilancio differenziato e favorevole alla crescita » e « il ripristino della normale erogazione di prestiti all’economia », ricordando nel contempo « le possibilità offerte dalle norme di bilancio vigenti del patto di stabilità e crescita e del trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance »;
il 18 marzo 2013, in una dichiarazione congiunta dei Commissari agli affari economici e monetari Olli Rehn, e all’industria e imprenditoria Antonio Tajani è stata fatta una apertura relativamente alla possibilità di estinguere i debiti commerciali: in sostanza, l’Unione europea invita il Governo italiano a proporre un piano di pagamento, nell’orizzonte di due anni, senza rischiare che ciò comporti la violazione del patto, poiché la liquidazione dei debiti commerciali potrebbe rientrare tra i fattori attenuanti in sede di valutazione della conformità del bilancio di uno Stato membro con i criteri di deficit e di debito del Patto stesso;
sempre dalla dichiarazione si evince che la Commissione è disponibile a cooperare con le autorità italiane per aiutare l’attuazione tecnica del piano di estinzione del debito commerciale pregresso e accoglierebbe con favore la disponibilità di informazioni più dettagliate e aggiornate sull’attuale ammontare di tale debito da parte di ogni livello di amministrazione pubblica;
da notizie di stampa si apprende che il Ministero dell’economia e delle finanze sarebbe pronto ad attuare tali misure anche mediante un provvedimento d’urgenza, si ipotizza, in particolare, (proprio a seguito delle dichiarazioni dei commissari Olli Rehn e Antonio Tajani) lo sblocco di circa 10 miliardi per le spese di investimento dei comuni, risorse già presenti nelle casse degli enti locali ma vincolate dal rispetto delle norme sul patto di stabilità e la successiva emissione ad hoc di titoli di Stato;
in questo modo si favorirebbe una importante immissione di liquidità nel sistema, utile a garantire la sopravvivenza di molte aziende, soprattutto medio-piccole, e il rilancio dell’economia –:
quale iniziativa intenda intraprendere il Governo e quale strumento intenda adottare al fine di sbloccare il pagamento dei debiti pregressi della pubblica amministrazione, anche a seguito della disponibilità manifestata nelle conclusioni del Consiglio Europeo del 14 e 15 marzo e nella Dichiarazione congiunta dei Commissari europei;
quali siano le ragioni del ritardo nel processo di certificazione dei debiti;
a quanto effettivamente ammonti il numero delle certificazioni sinora effettuate.
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