Stabilità finanziaria a rischio se dovesse prevalere la linea della spesa in deficit, replica a La Malfa; con Carlo Cottarelli, Corriere della Sera, 7 agosto 2018

L’andamento dei tassi d’interesse sui titoli di Stato negli ultimi mesi mostra che la nostra stabilità finanziaria è a rischio. Questo rischio diventerebbe gravissimo se nella legge di bilancio dovesse prevalere una linea di spesa in deficit, anziché quella più prudente del Ministro Tria.

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Non è aumentando il deficit che si riduce il rapporto debito/pil: risposta a Giorgio La Malfa, 1 agosto 2018.

Caro Direttore

nella sua lettera pubblicata dal Corriere il 30 luglio, Giorgio La Malfa propone di fissare prioritariamente gli obiettivi di crescita per i prossimi anni e da questi derivare, a ritroso, gli obiettivi di finanza pubblica. L’argomento è che solo con una crescita più elevata si può ridurre il rapporto tra debito pubblico e Pil e che tale crescita richiede un aumento del deficit pubblico. Questa è peraltro l’approccio incluso nel contratto di governo: solo con un aumento del deficit si può ridurre il rapporto tra debito e Pil.  Siamo naturalmente d’accordo sulla necessità di accelerare la crescita della nostra economia, nonché sul fatto che una maggiore crescita faciliterebbe la riduzione del rapporto tra debito e Pil, che è un obiettivo fondamentale per metterci al riparo da attacchi speculativi. Ma non pensiamo che questo obiettivo possa essere raggiunto attraverso un aumento del deficit. Vediamo perché.

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Trump attacca la Fed. Come in Italia, populisti contro le autorità indipendenti. Inpiù, 23 luglio 2018.

L’attacco alle competenze e alle autorità indipendenti è un tratto comune ai governi populisti. In Italia si attaccano l’Inps, la Ragioneria dello Stato e il Ministero dell’Economia. Negli Stati Uniti, Trump ha attaccato le agenzie di intelligence che hanno indagato Russiagate e ora attacca la Fed sostenendo che gli aumenti dei tassi d’interesse rappresentano un danno per l’economia: “Abbiamo debiti in scadenza e alziamo i tassi. Davvero?”.

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Perchè i conti di Savona non tornano, con Carlo Cottarelli, La Stampa, 20.07.2018

In una serie di interventi in Parlamento e sulla stampa, il Ministro Savona ha chiarito il suo pensiero a tutto campo sulla politica economica. Sintetizzando, e sperando di non far torto al Ministro, l’idea è che l’Italia dovrebbe convincere la Commissione Europea non solo ad accettare, ma addirittura a farsi essa stessa promotrice, “nel reciproco interesse”, di un piano di investimenti pubblici a carico del bilancio italiano che dovrebbe essere nell’ordine di 50 miliardi l’anno, ossia il 3 per cento del Pil.  50 miliardi è all’incirca l’avanzo dei conti con l’estero dell’Italia che il Prof. Savona ritiene essere la prova che l’Italia vive al di sotto dei propri mezzi e una misura della carenza della domanda interna rispetto al potenziale dell’economia. Questo piano metterebbe in moto il Pil in misura tale da consentire un gettito fiscale capace di coprire le spese correnti implicite “nelle proposte della flat tax, salario di cittadinanza e revisione della legge Fornero senza aumentare né il disavanzo pubblico né il rapporto debito/Pil”, spese che “i commentatori calcolano nell’ordine di 100 miliardi, chi più e chi meno”.

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Il catalogo del ministro Tria, Inpiù, 17 luglio 2018

Il brutto episodio di domenica in cui Di Maio e Tria hanno scaricato  sull’Inps la responsabilità degli 8.000 disoccupati che sono comparsi nella relazione tecnica del decreto dignità va letto alla luce di due considerazioni. La prima è che in questo modo Tria spera di mettere in sicurezza il Ragioniere dello Stato, di cui il Paese ha assolutamente bisogno. La seconda è che nella maggioranza non sono sfuggite le cose che lo stesso Tria ha detto giovedì scorso a margine della riunione dell’Ecofin.  Se la maggioranza vuole attuare il suo (costosissimo) programma – egli ha affermato – deve essere disposta a mettere in discussione le misure attuate dai precedenti governi.

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