Non sappiamo al momento cosa esattamente stia succedendo alla Banca d’Italia, ma sappiamo per certo che la Banca è sotto attacco e che quello di Salvatore Rossi, che si e’ dichiarato indisponibile per un nuovo mandato dopo la scadenza di maggio, è gesto nobile, che, come ha scritto Franco Locatelli, lo ricollega, per spessore morale e civile, alle figure migliori della Banca, da Donato Menichella in poi. È Rossi il vero vincitore morale della battaglia per le nomine in Banca d’Italia. Dopo il no al rinnovo del vicedirettore Federico Signorini si era capito che i partiti di governo puntavano a lottizzare anche la Banca d’Italia e avevano lasciato intendere chiaramente che non avrebbero accettato la riconferma del Direttore Generale. Dichiarandosi indisponibile al rinnovo, Salvatore ha evitato di essere coinvolto in uno scontro che avrebbe inevitabilmente fatto male alla Banca. Dato che pare si faccia da parte anche Valeria Sannucci, quinto membro del Direttorio, che in questi anni ha dato un contributo prezioso anche se poco percepito all’esterno, sulla carta ci sono tre posti su cui i partiti possono sperare di giocare le loro carte; due, se il niet su Signorini venisse ritirato per superare lo stallo.
Leggi tutto “Il gesto di Salvatore Rossi e i rischi di lottizzazione della Banca d’Italia, Inpiù, 21-03-2019”Categoria: Articoli e interviste
Verso il Def: i conti non tornano di Giampaolo Galli, Inpiù, 18 marzo 2019
Nell’ambito delle regole sul coordinamento delle politiche economiche europee, la legge (n. 39/2011) prevede che il governo presenti il Documento di Economia e Finanza (Def) al Parlamento entro il 10 di aprile e alla Commissione Europea entro il 30 di aprile. Spesso i governi hanno scritto dei documenti assolutamente generici e non impegnativi, perché non sapevano bene come far tornare i conti.
Leggi tutto “Verso il Def: i conti non tornano di Giampaolo Galli, Inpiù, 18 marzo 2019”Zingaretti, un programma senza debito, di Giampaolo Galli, Inpiù, 5 marzo 2019
Consiglio non richiesto al neo segretario Pd: punti su competitività e risanamento della finanza pubblica
Con tutta evidenza, Zingaretti è riuscito a interpretare le aspirazioni di un gran numero di elettori del Pd e questo è un bene per l’opposizione, ma anche per la democrazia italiana. Il suo successo è anche dovuto al programma economico, che è una sapiente calibratura di elementi di continuità con la tradizione riformista del PD e di elementi di rottura per tenere conto delle nuove questioni: i limiti della globalizzazione, le diseguaglianze, le nuove povertà, la sostenibilità sociale e ambientale, i cambiamenti climatici. Per affrontare questi problemi, Zingaretti vede l’esigenza di recuperare un ruolo forte per lo Stato nell’economia, che a suo avviso si sarebbe perso negli ultimi dieci o vent’anni. Si può essere scettici sulla possibilità che in Italia possa avere successo una ricetta del genere, dopo i disastri dell’industria pubblica nel passato, ma il ritorno dello Stato è probabilmente il segno dei tempi e sarà forse meglio discutere di proposte concrete, quando e se queste varranno avanzate, piuttosto che di impostazione generale.
Leggi tutto “Zingaretti, un programma senza debito, di Giampaolo Galli, Inpiù, 5 marzo 2019”Rilanciare gli investimenti pubblici, Formiche, marzo 2019, n.145
In Italia, negli anni della crisi gli investimenti pubblici sono crollati di circa un terzo. Il motivo fondamentale è che è molto più facile tagliare la spesa per investimenti che la spesa corrente. Un taglio alla spesa corrente colpisce quasi sempre interessi ben individuati, più o meno legittimi: è un danno emergente per qualcuno. Un nuovo investimento che non viene fatto comporta un mancato lucro per alcune imprese che in generale non sono univocamente individuate, se non dopo che sono fatti i bandi e le gare sono aggiudicate. La caduta della spesa per investimenti provoca dunque molte proteste, in primis delle organizzazioni che rappresentano le società di costruzione, ma non genera il tipo di reazioni che si hanno, ad esempio, quando viene chiuso un ospedale o un tribunale.
Leggi tutto “Rilanciare gli investimenti pubblici, Formiche, marzo 2019, n.145”La manovra aggiuntiva non andrebbe fatta, ma forse è inevitabile, Inpiù, 21 febbraio 2019
Ormai è pressoché certo che, in assenza di manovre, il deficit arriverà al 2,5% o più nel 2019 e supererà il 3% nel 2020. Il rapporto debito/pil crescerà, invece di ridursi di un punto, anche perché il governo non ha nessuna intenzione di dare seguito all’impegno di realizzare privatizzazioni per ben 18 miliardi. Si comincia quindi a ragionare della possibilità di una manovra aggiuntiva in corso d’anno: Giorgetti, l’autorevole sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, non ha escluso questa possibilità; interrogato sul punto ha risposto: vedremo. Va fatta dunque la manovra aggiuntiva?
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