Molti sostengono che questa volta, a differenza del 2009, lo shock è simmetrico e da questo fanno discendere che il finanziamento delle necessarie misure di sostegno all’economia deve avvenire attraverso strumenti comuni a tutti i paesi europei, come l’emissione di Eurobonds o Coronabonds da parte dell’Ue o del Mes. Purtroppo non è così. Anche nel 2009 lo shock iniziale, la crisi dei subprime, colpì tutti i paesi europei all’incirca con la stessa intensità, ma le asimmetrie si manifestarono molto rapidamente. I paesi che avevano i conti in ordine furono in grado di attuare misure di sostegno dell’economia molto rilevanti e attenuarono la caduta. L’Italia non lo fece perché non se lo poteva permettere, come dimostrò la successiva crisi del 2011. Oggi l’asimmetria è ancora più forte di allora perché nel frattempo la Germania e numerosi altri paesi hanno molto ridotto il loro debito pubblico, mentre noi lo abbiamo di molto aumentato. Il risultato è che la Germania ha già varato misure che impattano sul deficit per qualcosa come 123 miliardi (il 3,6% del Pil), cui si aggiunge un sostegno “illimitato” ai due fondi (KfW e WSF) che dovrebbero garantire crediti alle imprese per oltre mille miliardi. L’Olanda ha varato misure per il 2,5% del Pil. Saranno questi paesi disposti a farsi carico di una emissione di titoli europea, con distribuzione simmetrica del ricavato, per cifre tanto rilevanti? Saranno in grado di spiegare ai loro elettori perché lo fanno? Lo auspichiamo, ma francamente ne dubitiamo. Forse si riuscirà a fare qualcosa, ma le cifre saranno molto piccole rispetto a ciò che sarebbe necessario.
Leggi tutto “IL VIRUS E L’ECONOMIA: IL MES CI CONVIENE, di Giampaolo Galli, Inpiù, 25 marzo 2020”Categoria: Articoli e interviste
Attivare il Mes e la BCE per un grande piano di sostegno, di Giampaolo Galli, Inpiù, 19 marzo 2020
Al di là dell’impennata dello spread di ieri e degli interventi potenziati della Bce fino a 750 miliardi, l’opinione della maggior parte degli analisti è che, se l’epidemia dura più di un mese o due, cosa che sembra molto probabile, gli effetti saranno peggiori di quelli del 2009. Nel biennio 2008-2009, il nostro Pil cadde cumulativamente del 6,2% rispetto al 2007 e il deficit pubblico salì dall’1,3% del Pil nel 2007 al 5,1%. Il debito pubblico aumentò di 15 punti di Pil, dal 103,9% del 2007 a 119,2 nel 2010. Sarebbe aumentato ulteriormente negli anni successivi per via della crisi dei debiti sovrani in Europa, che in larga parte fu una conseguenza della crisi precedente.E’ probabile che oggi il deficit aumenti più di allora perché vi è un ampio consenso riguardo alla necessità di sostenere con ogni mezzo possibile i sistemi sanitari e l’economia. Il governo ha appena varato misure per 1,4% del Pil e già dice che questo è solo un primo passo. Comunque, se l’aumento del debito fosse nell’ordine di quello della crisi del 2009, esso arriverebbe agevolmente verso il 150% del Pil nel giro di uno o due anni. Poiché il mercato anticipa queste previsioni, la crisi si manifesta adesso.
La questione allora diventa come fare ad evitare che alla crisi da Covid-19 faccia seguito una nuova crisi del debito sovrano, come nel 2011. A mio avviso, l’unica strada è quella di mettersi in condizione di poter utilizzare gli OMT della BCE, ossia interventi illimitati a sostegno di un Paese. Per fare questo occorre prima aver concordato un programma con il MES, il che può avvenire a fronte di una richiesta italiana di un prestito precauzionale. Questa tipologia di prestiti non comporta un giudizio negativo nei confronti del Paese e può essere erogato a fronte di impegni, da concordare in un Memorandum of Understanding, che possono non essere particolarmente gravosi e, soprattutto, dovrebbero prevedere una riduzione del disavanzo solo dopo la fine dell’epidemia, nel quadro di un piano a medio termine concordato nelle linee generali sin dall’inizio. Per l’immediato, la Commissione e l’Eurogruppo hanno già affermato che non c’è altra via che quella di corpose misure di sostegno. Con la creazione del MES nel 2012 l’Europa si è dotata di un meccanismo di sostegno degli Stati in difficoltà. Questo meccanismo va attivato. E va attivato adesso, prima che una crisi del debito ci metta nuovamente in ginocchio, dal punto di vista finanziario e anche politico, indebolendo così la nostra forza contrattuale. Non tentare questa strada oggi sarebbe un’omissione colpevole.
Approve the ESM Treaty for a European credit line, di Lorenzo Codogno e Giampaolo Galli, il Sole 24Ore, 12 marzo 2020.
The outlines of the economic shock produced by the coronavirus are still very uncertain, but undoubtedly its size will be similar, if not greater than that of the 2008-2009 crisis. Much has been said about the nature of the shock and that it largely derives from the supply side. This is undoubtedly true. However, there is no supply shock that does not drag on an important impact on demand, and in this case, it will be enormous. Therefore, it will require unprecedented policy support actions. It is thus very much welcome the increase in the financial package decided by the government.
Policy action must have three objectives. First, to give massive help to the economy and try to avoid the collapse of the economic fabric, also due to the lack of liquidity; the ECB will soon contribute to addressing this issue. Second, interventions must be timely and as automatic as possible. Resources cannot be expected to arrive in a few months, when it may be too late for their survival of companies. For example, a check equivalent to the taxes paid last year could be sent as a zero-rate loan to be repaid in the next few years. Third, it must be made explicit that the economic stimulus must be relevant, but also temporary. Aside from an increase in healthcare spending, most interventions should not foreshadow structural increases in public expenditure.
The shock will be temporary, but it risks leaving permanent scars on the economy, with a lower GDP growth path compared to the current one, which is already very weak. This will inevitably bring to the fore a risk for public debt sustainability. The problems will emerge in many European and non-European countries, but given its well-known vulnerabilities, they will be felt above all in Italy. Therefore, prompt action must also be taken on the international aid front.
On the agenda of next Monday’s Eurogroup is the Treaty of the ESM (Eurozone’s bailout fund), for which a ‘political endorsement of the package’ is being requested. In Italy, the opposition has already raised its voice asking the government to reject the agreement, a position that in the past, we believed was not entirely without justification. In light of what is happening, perhaps it is better to rush the approval instead. The reason is that Italy could immediately take advantage of one of the two precautionary credit lines provided for countries that are affected by adverse shocks that are beyond their control. Initially, the precautionary credit lines seemed to serve primarily to protect other countries from a financial crisis in Italy: therefore, for the other countries, the exogenous shock was the crisis in Italy. Today, however, with all evidence, Covid-19 is the exogenous shock beyond the control of national governments, and Italy is the most affected country.
The ‘conditional credit line’ is reserved for countries that strictly comply with the rules on public accounts. Italy, however, could have access to the ‘enhanced credit line’, which requires the signing of an MoU (Memorandum of Understanding) with the ESM and the Commission. This perhaps requires some borderline interpretation relative to the original intentions of the Treaty, which seems possible given that there is ample flexibility in defining the conditions for access to this credit line. In Annex III, in a few lines, it is said that countries that are not eligible for the other line, but whose economic and financial situation is stable and whose debt is sustainable, have access. It goes without saying that these conditions must be assessed before the shock; otherwise, the country would not ask for financial assistance in the first place.
Besides, the Board of Governors of the ESM, which represents the governments of the Eurozone, may decide to change the criteria for access to precautionary assistance and amend Annex III accordingly (art. 14.1). Typically, the signing of the MoU requires that the country undergoes a public finance adjustment programme. Still, for Italy, such a programme would make no sense since today there is a need to support people and companies affected by the crisis induced by the epidemic and, more generally, to avoid the collapse of the economy.
If anything, the MoU could postpone a new assessment of the situation in Italy, after the end of the epidemic, to decide whether to renew the credit and the possible structural reform measures necessary to bring the country back on a growth path higher than the previous one. All forms of ESM assistance are deemed to be used to avoid crises in the entire Euro Area. And there can be no doubt here: the crisis Italy is entering is severe, and it will inevitably have consequences for the economic and financial stability of the whole Euro Area. This is also a political opportunity not to be missed to find solidarity and coordinated solutions to strengthen Europe and prevent that yet another crisis undermines its foundations, perhaps even in a fatal way.
L’EPIDEMIA E IL CAPRO ESPIATORIO DELL’EUROPA “CHE NON C’È”, di Giampaolo Galli, Inpiù, 11 marzo 2020
In Italia, tanto per cambiare, “l’Europa che non c’è” è diventata il nuovo capro espiatorio. Non si capisce bene chi sia il bersaglio della polemica. Il dato di fatto è che i governi non hanno mai voluto cedere, o meglio condividere, sovranità in materia sanitaria e oggi non sono nemmeno particolarmente interessati ad avere qualcuno che cerchi di coordinarne l’azione; sarebbe un problema in più, oltre ai già tanti che derivano dalla necessità di mettere d’accordo le forze politiche e i diversi livelli di governo all’interno di ogni nazione. Per gli antieuropei – o antieuro – di sempre, questo stato di cose non è sorprendente e dimostra una volta di più che l’Europa non sta nella testa e nei cuori dei popoli.
Ma coloro che si dichiarano europeisti con chi se la prendono? Stanno dicendo che i governi non accettano di coordinarsi? Se è così bisogna che se la prendano con i governi o con alcuni di essi. O se la prendono con la Commissione di Ursula Von der Leyen? Stanno dicendo che la Commissione non ha visione e non sa farsi valere? Forse è così, ma la cosa strana è che l’oggetto della critica non è quasi mai la Commissione, come non lo è il Parlamento Europeo. L’oggetto della critica è l’Europa, intesa come entità astratta. Ma se è così hanno ragione gli anti europeisti per partito preso.
Inoltre non è chiaro cosa si chieda all’Europa di fare, oltre a ciò che già fa l’Ema e al coordinamento che avviene nelle riunioni dei ministri della sanità. Quest’ultimo sta peraltro dando luogo a risposte non troppo disomogenee fra paesi europei. Nessuno ha detto che il virus non è un problema serio, nessuno, neanche all’inizio dell’epidemia, ha detto che era un problema solo italiano, nessuno ha criticato le drastiche misure prese dal nostro governo, nessuno – pur dopo qualche tentennamento – ha deciso di sospendere Schengen, nessuno sembra opporsi alla richiesta dell’Italia di poter usufruire di margini di flessibilità aggiuntiva nel bilancio 2020.
Vero è che i poteri uno se li prende proprio nelle situazioni di emergenza, ma è anche vero che gran parte del potere decisionale dell’Ue sta nel Consiglio, il quale è composto da governi nazionali che non hanno molta voglia di amputarsi le mani da soli. Si può chiedere che l’Europa estenda le proprie competenze in materia sanitaria, quantomeno quando vi sono rischi sistemici? La risposta è certamente sì – è un’ottima idea -, ma ciò richiede di convincere governi e parlamenti nazionali a cedere le relative competenze e le necessarie risorse. L’impressione è che i primi a dire di no sarebbero proprio quelli che oggi più di tutti si lagnano dell’Europa che non c’è.