di Giampaolo Galli, Inpiù, 16 febbraio 2021
Due sono le sfide che stanno di fronte al ministro dell’economia e al premier. La prima è come conciliare i necessari ristori ai settori colpiti dalla pandemia con l’esigenza di iniziare un percorso di graduale discesa del rapporto debito/pil, dal picco di 160% circa raggiunto nel 2020.
Come ha rimarcato il governatore Ignazio Visco, questa è una sfida molto difficile, tanto da richiedere “la bacchetta magica”. In ogni caso, già con il prossimo decreto ristori, l’Italia sarà fuori dal percorso virtuoso disegnato nella Nadef e ribadito nel Pnrr redatto dallo scorso governo. Forse il primo atto di Franco dovrà essere quello di rivedere (in peggio) gli obiettivi di finanza pubblica.
La seconda sfida è come fare in concreto a mettere in atto la raccomandazione del rapporto del Gruppo dei 30, presentato lo scorso dicembre proprio da Draghi: aiutare non più tutte le imprese, ma solo quelle con prospettive di redditività. L’idea di aiuti mirati è giusta, dal momento che non ha senso tenere in vita imprese zombi. Ma come scegliere? E soprattutto, chi dovrebbe fare la scelta? Posto che lo Stato non è in grado di fare questa scelta, una possibile risposta è che lo Stato smetta di aiutare le imprese, concentri gli aiuti sulla banche e lasci che siano queste a scegliere le imprese meritevoli. Il problema è che non si capisce come si possano abbandonare al loro destino migliaia di imprese che non sanno di non avere un futuro e che al momento chiedono ristori e anzi indennizzi. Forse anche qui occorre invocare la bacchetta magica. La cosa che appare evidente è che se qualcuno ha la bacchetta magica, questo è Draghi e, di riflesso, anche Franco che con Draghi ha sempre avuto un rapporto di strettissima e leale collaborazione.