In sostanza, è un ricatto. Alcuni lo dicono apertamente, altri lo lasciano intendere: la Commissione Europea non si può permettere di far scoppiare una crisi sulla manovra dell’Italia, perché nessun leader europeo ha voglia di affrontare un nuovo focolaio di crisi in Europa, specie dopo quello che è successo in Francia e le tensioni sulla Brexit.
Di qui la convinzione di alcuni membri del governo che basti un piccolo aggiustamento della manovra, con una limatura del deficit 2019 dal 2,4 al 2,2 o al 2,1%, per evitare una procedura di infrazione o quantomeno per far sì che la procedura sia lenta e relativamente indolore, ossia con sanzioni modeste e molto dilazionate nel tempo.
Può darsi che ci sia del vero in queste considerazioni. Non può però sfuggire che un accordo – o, per meglio dire, un non disaccordo – su questi numeri rappresenterebbe la fine dell’attuale sistema di regole, perché si tratta di numeri tecnicamente inaccettabili e perché le attuali regole sono già da tempo sotto accusa da parte di molti paesi secondo i quali non hanno garantito un grado sufficiente di disciplina di bilancio, in particolare in Italia.
Nei giorni scorsi, questa posizione è stata fatta propria anche dallo European Fiscal Board, la rete europea degli uffici parlamentari di bilancio e analoghe istituzioni in altri paesi, che nel suo ultimo rapporto propone regole più chiare, meno eccezioni, sanzioni più severe e una governance del Patto di Stabilità meno soggetta a pressioni politiche. Né può sfuggire che un accordo del genere potrebbe non convincere i mercati, nel qual caso comporterebbe una secca perdita di credibilità per la Commissione Europea e comunque non risolverebbe il focolaio di crisi che si è acceso sul mercato obbligazionario italiano.
Per questo è improbabile che la Commissione e il Consiglio possano accettare una semplice limatura del deficit. Qualora invece il ricatto funzionasse sarebbe una vittoria di Pirro perché la reazione degli altri paesi non si farebbe attendere: quale che sia l’esito delle prossime elezioni europee, si avvierebbe un iter per rendere più stringenti le regole e, soprattutto, per dare maggior peso alla disciplina di mercato, anche attivando meccanismi semiautomatici di ristrutturazione dei debiti pubblici dei paesi devianti. Comunque una prospettiva preoccupante per l’Italia. @giampaologalli