Dato che è Salvini il vincitore delle elezioni, proviamo a spiegare con calma perché la sua politica di sfidare i mercati e le regole europee è un azzardo molto pericoloso. Nella figura qui sotto c’è il rapporto fra bilancio primario, ossia al netto degli interessi, e il Pil con riferimento all’aggregato delle Amministrazioni Pubbliche italiane dal 1980 a oggi. Negli anni novanta, con grande fatica, il bilancio migliorò da zero (nel 1991) fino 6,2% del Pil (nel 1997). Negli anni successivi (ahinoi!) si assottigliò fino quasi ad azzerarsi nel 2005 (grazie a Berlusconi, Bossi e Tremonti). Risalì fino al 3,3% durante il governo Prodi/Padoa-Schioppa. Crollò di nuovo, questa volta per colpa della crisi internazionale, nel 2009 e poi risalì fino al 2,3% nel 2012 grazie a Monti. Si assestò poi attorno a 1,6% nella lenta ripresa post crisi, quando tutti urlavano contro l’odiata austerity.
Nel 2020, secondo la Commissione che crede a Salvini e quindi pone il deficit complessivo dell’Italia al 3,5%, il bilancio primario torna a zero, il livello a cui stava nel 1991 e a cui è tornato nel 2005 e nel 2009. Questo risultato è ovviamente coerente con l’imponente movimento anti austerity e la connessa demonizzazione di Monti che ha fatto vincere i populisti che stanno ora al governo.
Ora il problema è questo: per iniziare a ridurre il rapporto debito/pil occorre che il bilancio primario sia in avanzo, nell’intorno del 3% o 4%. Ma al punto in cui siamo è difficile credere che l’Italia abbia voglia di ricominciare da capo e rifare lo sforzo per portare l’avanzo verso quei livelli. Anzi, è probabile che succeda il contrario. Con questa prospettiva, lo spread rimane elevato, il che si aggiunge ad antichi handicap strutturali nel frenare la crescita dell’economia.
Ecco dunque la miscela esplosiva di un primario azzerato e forse avviato verso un nuovo deficit e un differenziale positivo fra tasso di interesse e tasso di crescita. Già nel rapporto della Commissione del febbraio scorso questa miscela produceva un rapporto debito/pil in crescita nel prossimo decennio fino al 146% nello scenario base e al 160% nello scenario avverso: per questo la Commissione diceva che la sostenibilità del nostro debito pubblico era da considerarsi a rischio sia nel medio che nel lungo periodo. Ora arriva Salvini che annuncia che si avvereranno tutte le più nere previsioni.
Gli investitori hanno visto scenari del genere tante volte in America Latina e in molti mercati emergenti: sanno che alla fine del percorso c’è solo l’insolvenza dello stato e una maxi patrimoniale. In queste condizioni, come possiamo aspettarci che qualcuno investa nell’Italia? Avremo un debito fuori controllo e una crescita sempre stagnante.